Lavorare al CCF in Somaliland: L’esperienza di Alessia

di Alessia Uboldi

Alessia Uboldi il 4 dicembre durante la Giornata Internazionale del Ghepardo, Parco Natura Viva/CCF ITALIA

La prima volta che incontrai la Dott.ssa Laurie Marker, fondatrice di Cheetah Conservation Fund, fu alla presentazione del suo progetto durante il convegno “Conflitto uomo – grandi predatori” presso la facoltà di veterinaria dell’Università degli Studi di Milano. 

Anni dopo arrivò il famoso attimo da cogliere: CCF cercavatecnici veterinari per la sua sede in Somaliland. Come tanti, quasi tutti, nemmeno sapevo dell’esistenza di questo stato – attualmente non riconosciuto a livello internazionale – che confina con Etiopia, Gibuti e Somalia, e di conseguenza la paura e l’incertezza erano forti. Nonostante i dubbi iniziali, l’occasione di lavorare con una delle associazioni più importanti per la salvaguardia del ghepardo, mi sembrò imperdibile e, grazie anche alla fiducia che ho riposto in CCF, decisi di partire e sono grata di averlo fatto.

Sono stata in Somaliland tre mesi e ora posso dire di aver preso la decisione giusta. Il lavoro che CCF fa sul campo è impressionante, con l’arrivo di circa 300 ghepardi in poco più di quattro anni di attività, tutti sequestrati al commercio illegale. Perché sì, al giorno d’oggi la richiesta di comprare un cucciolo di ghepardo da tenere in casa come animale domestico è ancora altissima, in particolare in alcune zone della penisola arabica. Si stima che ogni anno siano più di 300 i ghepardi sottratti alla natura. Il Corno d’Africa, per posizione geografica, è il posto perfetto in cui sviluppare le fasi iniziali di questa atroce compravendita ed è per questo che il santuario per i ghepardi salvati nasce proprio qui, ad Hargeisa, la capitale del Somaliland. Purtroppo, a causa delle terribili condizioni nelle quali versano i cuccioli che arrivano alla sede di CCF, il tasso di mortalità nelle prime fasi di ricovero è altissima. Provate a pensare ad un cucciolo, ancora in fase di allattamento, sottratto alla madre, messo assieme a tanti altri in contenitori improvvisati (scatole di cartone, casse di legno, a volte legato agli altri cuccioli con delle corde) e trasportato per giorni, spesso senza acqua o cibo adeguato, nell’ambiente desertico del Corno d’Africa. Nonostante questo, impegno e competenze dello staff che li accoglie sono talmente alti che alcuni sopravvivono ed entrano a far parte degli animali ricoverati in CCF.

Durante la mia permanenza, i pazienti erano più di 90, ed è un numero purtroppo destinato a crescere costantemente, fino a che non si fermerà il commercio illegale di animali selvatici. Per questo, oltre all’attentissima cura giornaliera destinata ai ghepardi, CCF si impegna molto nell’educazione delle persone, sia a livello locale che internazionale. Perché è importante far conoscere il problema e dare una soluzione. L’associazione, infatti, non solo accetta volontari e lavoratori da tutto il mondo, in modo da poter avere uno staff preparatoe diversificato nelle competenze ed esperienze vissute, ma offre anche alla popolazione locale la possibilità di entrare a far parte di questo grande progetto di conservazione del ghepardo. La conservazione dell’ambiente non può che passare attraverso le dimensioni di sostenibilità ed inclusività per essere veramente efficace ed etica. 

Il lavoro da tecnico veterinario è stato per me molto formativo e stimolante. Ho lavorato spesso in condizioni di emergenza e a volte mi sono scontrata con problemi di carenza di risorse, ma ho potuto condividere quest’esperienza con uno staff molto preparato, professionale e appassionato, tra cui i due veterinari Dott.ssa Ashley Marshall e Dott. Calum Cairns. I ghepardi, in un contesto di cattività, come tutti gli altri animali, possono soffrire di patologie croniche da stress (gastrointestinali e respiratorie, per lo più) e il nostro impegno è stato costante e generalizzato: si agisce dal punto di vista medico, ambientale, sociale e individuale. Ad ogni animale è destinata un’assistenza individuale e attenta, esattamente ciò che succede in un ospedale per umani. Pulizia delle stabulazioni, preparazione e somministrazione del pasto (carne di capra o cammello), somministrazione delle terapie, visite mediche e analisi di laboratorio, costruzione di arricchimenti ambientali, attività di socializzazione e training, sono le principali mansioni che ho svolto. 

Ora CCF sta lavorando per la costruzione di una nuova sede che si troverà a Geed Deeble, a circa un’ora di macchina da Hargeisa, immersa nel bush africano, con la speranza che questo giovi ai pazienti e che questo permetta a CCF di avere la possibilità di accettarne di nuovi, in risposta a futuri sequestri. Per questo l’associazione ha bisogno di sostegno, da parte di tutti noi. Le spese di mantenimento di questi animali sono altissime (un ghepardo adulto mangia fino a 1,5kg di carne al giorno), con i miei 90 pazienti esse si aggiravano attorno ai $28 000 al mese, considerando unicamente i costi relativi all’alimentazione, a cui si devono aggiungere spese mediche, per le strutture e per lo staff.

Un altro tipo di sostegno molto importante è diventare volontario di CCF Somaliland. Senza farsi spaventare da un contesto che non si conosce, affrontando l’esperienza con consapevolezza e responsabilità e soprattutto, affidandosi alle indicazioni di CCF, vi assicuro che potrete vivere un’esperienza indimenticabile e dare realmente una mano ai ghepardi e a chi ha dedicato la propria vita per aiutarli.

Alessia e Calum durante una procedura di sedazione di un ghepardo per effettuare una radiografia

Play time con Charley e Delta

Alessia Uboldi e Calum Cairns durante un’ecografia di controllo in un cucciolo di ghepardo

Il momento più rilassante della giornata: godersi il tramonto dal tetto della Staff House, dopo un’impegnativa giornata di lavoro. Da sinistra, staff e volontari: Eszter (Ungheria), Gemma (Scozia), Bijou (America), Max (Irlanda), Alessia (Italia), Calum (Inghilterra), Tabby(Scozia)

Pronte per andare al lavoro! Brittany, Alessia, Hannah e Bijou in partenza per una delle tre aree di cura dei ghepardi.

Relax post alimentazione